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Mostra fotografica

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A cura di Phest

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3 – 31 AGOSTO
10:00–13:00 // 16:00-21:30 (tutti i giorni)

TEATRO MARGHERITA
ingresso libero

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Federico Winer, Noelle Mason, Dario Agrimi, Jasmine Pignatelli. Direzione artistica Phest

Il porto deve la sua eccezionalità all’essere un luogo che non è più qualcosa e non già qualcos’altro, uno spazio neutro sospeso che pone in relazione, che unisce luoghi, culture, immaginari lontani. Se Federico Winer con il suo Ultradistancia, prova a riportare luogo e parola sullo stesso piano di neutralità in un momento in cui quella neutralità sembra smarrita, i lavori di Agrimi e Pignatelli raccontano i porti come miraggio, come un nuovo luogo in cui si consuma la fragilità politica contemporanea, definendo un nuovo spazio di eccezione. E le radiografie di Noelle Mason pongono il porto, la frontiera come nuovo paradigma della bio-politica e la figura del rifugiato come elemento di crisi della finzione contemporanea della sovranità moderna.
Infine, una serie di cannocchiali gialli puntati verso il mare inviterà gli avventori ad avvicinarsi per scoprire un paesaggio inatteso in cui spazio e tempo si sospendono e si annullano per un istante.

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FEDERICO WINER // Ultradistancia

[/et_pb_text][et_pb_image src=”https://www.festadelmarebari.it/wp-content/uploads/2019/07/Bahriya-Ultradistancia-_Federico-Winer-300dpi.jpg” _builder_version=”3.26.4″][/et_pb_image][/et_pb_column][et_pb_column type=”1_2″ _builder_version=”3.26.4″][et_pb_text _builder_version=”3.26.4″ text_font_size=”18px” custom_padding=”90px||||false|false” custom_padding_phone=”|10px|||false|false” custom_padding_last_edited=”on|desktop”]

L’artista argentino Federico Winer parte dalla sua fascinazione per le mappe, rivelatrici della curiosità umana verso il mondo. A partire dalle immagini satellitari di Google Earth, con Ultradistancia Federico crea dei tableaux in cui le forme geometriche, i colori, ci portano fuori dal mondo e poi di nuovo dentro, vicini. Il mouse è il suo pennello, attraverso il quale seleziona e crea un paesaggio, una Geografia Estetica, che ci affascina per la sua bellezza e immensità, e allo stesso tempo ci riporta a una dimensione umana, riconoscibile, nostra.

Federico Winer (Buenos Aires, Argentina, 1973) è un artista visivo, fotografo e professore di Filosofia Politica all’università di Buenos Aires, con una formazione in scienze politiche, filosofia, architettura e arte. È uno dei membri fondatori del gruppo sperimentale Soy Cuyano, una squadra multidisciplinare di intellettuali e scienziati che esplorano la relazione tra la filosofia, le scienze e le arti.

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DARIO AGRIMI // Gradi di vergogna

[/et_pb_text][et_pb_image src=”https://www.festadelmarebari.it/wp-content/uploads/2019/07/Agrimi_GradiDiVergogna.jpg” _builder_version=”3.26.4″][/et_pb_image][/et_pb_column][et_pb_column type=”1_2″ _builder_version=”3.26.4″][et_pb_text _builder_version=”3.26.4″ text_font_size=”18px” custom_padding=”90px||||false|false” custom_padding_phone=”|10px|||false|false” custom_padding_last_edited=”on|desktop”]

Diverse isole dalla forma regolare, di un colore impenetrabile e specchiante per effetto dell’olio nero che ricopre le vasche metalliche. Ne emergono volti e parti anatomiche segnati dal tragico destino del loro inabissarsi. Agrimi dispone i corpi in un sacrario, dove tutto appare posato e sospeso, tra la superficie e il baratro, tra la vita e la morte.
L’opera rievoca prepotentemente le recenti vicende migratorie lungo il Mediterraneo; luogo di storia, di culture e vita ma anche di attraversamenti, disperazione e decadenza, dove sulle acque limpide dell’orizzonte si addensano le acque putride e stagnanti di una civiltà che condanna alla morte e all’oblio. La misura esatta, regolare e modulare di questi “gradi di vergogna” rimanda alla fredda serialità del conteggio di corpi e ritrovamenti in mare, rendendo la scultura una somma di feretri disposti di fronte allo sguardo impassibile dell’osservatore.

Tra i protagonisti italiani della nuova generazione dell’arte contemporanea, Dario Agrimi realizza opere di forte valenza concettuale, caratterizzate da un deciso sarcasmo e dallo spiazzamento percettivo, ricorrendo ai media più differenti, dalla pittura alla scultura, dall’installazione ambientale alla fotografia e al video.

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NOELLE MASON // X-Ray Vision vs. Invisibility

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X-Ray Vision vs. Invisibility è un progetto sugli effetti fenomenologici delle tecnologie visive nella percezione di migranti clandestini. La serie fotografica trasforma in oggetti le immagini fatte al confine Stati Uniti/Messico per mostrare come le nuove tecnologie di visione (backscatter o retrodiffusione a raggi x, sonica, termica, digitale) replichino le modalità cartesiane della visione e pertanto rafforzino le relazioni politiche e sociali di stampo neocoloniale nei confronti del Messico.
La cianotipia è stata usata per creare immagini di camion da trasporto fatte con una macchina a raggi X a retrodiffusione, collegando questo nuovo tipo di immagine digitale ai processi storici di creazione delle immagini, sviluppati all’inizio dell’era moderna. Il processo della cianotipia, utilizzato per la riproduzione di planimetrie architettoniche, entra in risonanza con le figure “in rilievo” prodotte dalla macchina “backscatter”, attraverso immagini che rivelano una inquietante tensione tra l’aspetto meccanico dei camion e il cargo umano che trasportano.
La fisicità di queste immagini, ottenuta attraverso l’arte e le tecniche alternative di stampa, mette sul tavolo l’immediatezza con cui sono state originariamente prodotte e visualizzate, togliendole dallo schermo e dando loro una fisicità e uno spazio per essere visibili al di fuori del contesto originario di sorveglianza.
Noelle Mason è un’artista multidisciplinare il cui lavoro tratta la sottile seduzione del potere dovuta ai sistemi di controllo visuale e istituzionale.

Noelle ha esposto i suoi lavori internazionalmente in vari spazi non tradizionali, oltre a gallerie e istituzioni quali il Museo Nazionale di Arte Messicana a Chicago, il museo di Orlando in Florida e il Museo di Arte di San Pietroburgo.
Nel 2004 Noelle ha fatto pratica presso la scuola di pittura e scultura di Skowhegan. Possiede una laurea in teatro e arte dall’Università Irvine, in California e ha ottenuto il suo master alla scuola dell’Istituto d’Arte di Chicago. È professore associato di arte all’università della South Florida.

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JASMINE PIGNATELLI // Sono persone 8.8.1991

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Un’opera di Jasmine Pignatelli, a cura di Stefano Straziota e Anna Gambatesa
realizzata da Misia Arte, Cellule Creative e Track Design con WeRent srl, Doronzo Infrastrutture, Elettrotecnica Italiana Smart, SEC Mediterranea srl
con il patrocinio di Arca Puglia Centrale, Comune di Bari
L’OPERA e la TRASMISSIONE MORSE per le CELEBRAZIONI dello sbarco della Vlora
SONO PERSONE 8.8.1991

SONO PERSONE è l’installazione permanente di Jasmine Pignatelli sul lungomare di Bari: un memoriale ad alta intensità poetica e civile a ricordo dei 20.000 albanesi arrivati a Bari con il mercantile Vlora nel 1991. La scultura traduce in codice morse la frase che il sindaco Enrico Dalfino (1935-1994) pronunciò alla fine di una giornata che ha segnato la storia della migrazione mondiale. L’artista rende indelebile una frase, un fatto storico, un cittadino e con lui l’intero popolo barese che ha saputo accogliere quando si doveva accogliere. In occasione dell’anniversario dello sbarco, dalla postazione radioamatoriale A.R.I. (sez.Bari) allestita al Teatro Margherita, le parole che hanno ispirato l’opera verranno affidate all’etere attraverso una trasmissione morse sonora, messaggio universale destinato a raggiungere tutto il globo. L’evento è realizzato da Misia Arte e Cellule Creative con il Patrocinio di Arca Puglia Centrale, Comune di Bari, Regione Puglia, Ordine degli Avvocati Bari, A.R.I sezione di Bari.

Jasmine Pignatelli sviluppa nei suoi lavori riflessioni intorno ai concetti di modulo, segno plastico e linguaggio morse, traducendoli in elementi/forme che determinano e interrogano lo spazio coinvolto. Nelle sue opere l’indagine sulle relazioni tra spazio, tempo, segno e movimento è sempre connessa a intenti emotivi e umanistici alla ricerca di una dimensione poetica ed emozionale della geometria che superi il dato puramente concettuale per comunicare passione civile, sentimento, umanità per una nuova lettura del nostro Essere nell’Esistente.
Jasmine Pignatelli (Toronto, Canada, 1968) vive e lavora tra Roma e Bari. Dopo gli studi artistici e la laurea in Architettura sceglie come campo privilegiato del suo agire artistico la scultura. Geometria Concettuale, Arte Analitica e Programmata sono le principali linee di ispirazione della sua ricerca. Il suo linguaggio artistico si affida ad una geometria umanistica che comunica passione civile, sentimento, umanità. Ha all’attivo mostre collettive e personali. Sue opere sono in collezioni private e pubbliche e ha realizzato sul territorio italiano diverse opere pubbliche.

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PhEST – See Beyond the Sea
//[/et_pb_text][et_pb_text _builder_version=”3.26.4″ text_font_size=”18px” custom_padding_phone=”|10px|||false|false” custom_padding_last_edited=”on|desktop”]PhEST è un festival internazionale di fotografia, arte, musica dal Mediterraneo. Il festival si tiene tutti gli anni a Monopoli e inaugurerà la sua quarta edizione il 6 settembre. Tra gli eventi annunciati nelle giornate inaugurali, il concerto gratuito dei C’mon Tigre a Largo Castello a Monopoli.[/et_pb_text][/et_pb_column][et_pb_column type=”1_2″ _builder_version=”3.26.4″][et_pb_text _builder_version=”3.26.4″ text_font_size=”18px” custom_padding=”90px||||false|false” custom_padding_phone=”|10px|||false|false” custom_padding_last_edited=”on|desktop”]

“Noi siamo una grande penisola gettata nel Mediterraneo e certe volte ce ne dimentichiamo.”
(Franco Cassano, Il pensiero meridiano, 1996)

PhEST è fotografia, cinema, musica, arte, contaminazioni dal Mediterraneo.
PhEST nasce da una necessità, quella di provare a restituire una voce propria alle mille identità che compongono il mare in mezzo alle terre, quella di ridefinire un immaginario proprio e nuovo.
La necessità non è quella di cucire la distanza che il Mediterraneo crea tra queste identità perché questo mare semmai le identità le crea e le pone in relazione, ma di ricucire la frattura tra il reale e la sua rappresentazione fuori dal teatro delle verità, dalla scena della verità che spesso l’Occidente è in grado di imbastire.
Quando le voci autrici di quell’immaginario statico sembrano perdersi e vacillare, emerge con chiarezza la necessità di ridefinire, rivedere in forma non assoluta, ma in forma eternamente cangiante. Nel momento in cui tutto sembra dunque meritare una nuova definizione, ci sembrava giusto ripartire da qui, dall’idea destabilizzante di una continua riscrittura del presente.
L’area geografica di interesse, mai davvero restrittiva e sempre pronta a modificarsi, a estendersi, a focalizzarsi, coincide con la naturale panoramica di quello sguardo da qui, da Monopoli, dalla Puglia: il Mediterraneo, i Balcani, il Medio Oriente, l’Africa e oltre.
Questi sono gli spunti di partenza, scansando i dogmi e affidandosi poi all’infedeltà del mare.

PhEST è affidato alla direzione artistica di Giovanni Troilo, la curatela fotografica di Arianna Rinaldo, e all’organizzazione dell’associazione PhEST.[/et_pb_text][/et_pb_column][/et_pb_row][/et_pb_section]